E perché ?! Come sostenere le domande dei bambini?

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C’è un periodo nella vita di un bambino o di una bambina, intorno ai due anni d’età, in cui iniziano a sorgere gli interrogativi che possiamo chiamare “metafisici”. Figli e figlie cominciano ad incalzare i propri genitori con domande puntuali, esistenziali che spesso spiazzano l’adulto che si sente in dovere di rispondere.

E se invece sospendessimo le risposte? Cosa accadrebbe se rispondessimo con un sincero “non lo so”?

Nel mio ruolo di educatrice e pedagogista, negli anni, ho chiesto aiuto, tra le altre cose, alla teoria psicoanalitica e soprattutto a un piccolo libricino (per me essenziale) della dott.ssa Martine Menés, che trovo davvero illuminante: “Il bambino e il sapere. Da dove viene il desiderio di apprendere?”.

Già il titolo ci fornisce delle indicazioni: apprendere è un desiderio e come ogni desiderio nasce da una mancanza, da un senso di frustrazione. Ed è da questa spinta interna che i bambini e le bambine nutrono quella fame di sapere che naturalmente hanno e che li spinge a cercare, curiosare, ricercare.

Come possiamo mantenere acceso questo desiderio?

La nostra spinta di adulti con un senso di dovere e di responsabilità molto forte nei confronti dell’infanzia, potrebbe essere quella di saziare questa fame, di tappare quella mancanza con risposte puntuali, precise, studiate a pennello.

La psicoanalistica francese ci dice che: “Il rapporto al sapere è individuale, differente per ciascuno. (…) è il discente che genera il sapere, lo fabbrica, lo produce, lo inventa alla sua maniera in occasione di ogni esperienza che gli offre la vita, sorgente inestinguibile di apprendimenti”. 

Sì, lo so, non è rassicurante sapere che non esista una risposta unica per tutti e tutte, che ci fornisca la soluzione e ci dia una formula magica o matematica che potrebbe suonare più o meno in questo modo: “se tuo figlio ti chiede perché, rispondi così e ti sei tolto il problema di torno”. 

Sappiamo tutti e tutte che a quel “perché” più continuerai a rispondere, più ne susseguiranno di nuovi e complicati. E allora che fare?

Mantenere acceso il desiderio potrebbe essere la risposta. Credo sia necessario accompagnare nella ricerca, nel viaggio di scoperta, fornendo a bambini e bambine strumenti che gli permettano di trovare da sé le risposte che cercano, costruirsi le proprie teorie e vivere quelle esperienze che generano apprendimenti da tirare fuori quando necessario.

Ecco alcune possibili strade sul come fare:

  1. La domanda è esistenziale? Probabilmente quando tuo figlio o tua figlia te la proporrà sarà perché se l’è già posta in segreto mille volte e vuole avere un punto di vista esterno o una rassicurazione. Provare a riproporgliela potrebbe essere un modo per scoprire se si è fatto/a un’idea a riguardo o quale sia il reale motivo della richiesta. Un “secondo te perché?” detto al momento giusto può dare modo al bambino di esprimersi, di raccontare la propria visione, di capire ciò che gli occorre per indagare quel suo personale interrogativo;
  2. È un “perché” che riguarda un apprendimento tecnico? Puoi provare a rispondere con ciò che sai e vedere dove vi portano le vostre domande oppure fornire uno strumento: se la domanda riguarda il significato di una parola, ad esempio, possiamo fornire un dizionario, se riguarda una conoscenza tecnica si può andare insieme a ricercare informazioni in biblioteca o provare a cercare la risposta per tentativi. Mi spiego meglio, se tuo/a figlio/a ti pone una domanda del tipo “perché l’acqua sul fuoco bolle?”, hai due possibilità: rispondere scientificamente dando piccole nozioni alla sua portata sui cambiamenti di stato oppure permettere che raggiunga da sé alle proprie risposte magari facendo degli esperimenti insieme…”Secondo te cos’è che genera le bolle? Se spegniamo il fornello cosa succede? E se mettiamo un coperchio alla pentola? Se lasciamo la pentola sul fuoco per tanto tempo?” ecc. ecc.

Insomma la scelta forse deve tener conto anche del contesto in cui avviene la domanda. Non c’è una strada giusta o sbagliata a prescindere. In alcuni momenti potrebbe occorrere fornire una risposta minuziosa, altri lasciarsi accompagnare nella ricerca, altre volte ancora sospendere l’intervento, confessandosi ignoranti sull’argomento, potrebbe essere d’aiuto.

A guidarci è, come al solito, l’osservazione del bambino o della bambina: se vediamo che l’interesse rimane acceso, che il desiderio di sapere è alimentato e brucia al suo interno come una fiamma di vita, allora, possiamo ritenerci soddisfatti!

Il sapere è da ap-prendere, da prendere con sé, da fare proprio. Lasciamo che siano i più piccoli a mostrarci come imparano, come si muovono tra i mille interrogativi della vita, cosa li facilita e cosa al contrario li ostacola, come si destreggiano tra teorie ed esperienze, perché solo in questo modo potremmo continuare ad apprendere anche noi.

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